Di fronte alla lettura del teatro, come non pensare a Sofocle, a Shakespeare, e alla grandezza delle loro opere, eterne di visione anche perché lapidarie di scrittura? Come non pensare a Beckett o a Brecht o al provocatorio Jarry? Come dimenticare Goldoni ed Eduardo De Filippo? Nessuno può negare la grandezza dell’espe- rienza estetica derivante dalla semplice lettura della prosa teatrale, anche senza la sua specifica vita di scena. E, quindi, dev’esserci uno specifico drammaturgico di questa particolarissima scrittura, un po’ leazy, un po’ audace, un po’ distratta. Deve essere così, perché il lettore di teatro è mezzo regista. Dentro la sua mente si compone il pathos della tragedia e della commedia, la festa e l’e- tica, ma appare anche l’acuto ectoplasma che muove scenografie e musiche, espressioni e rumori. Ogni lettura è una messinscena in cui il lettore agita il suo spirito da deus ex machina, intento a produrre dentro di sé l’ultimo atto, l’applauso simulato alla sua stessa messinscena virtuale.
Gioia dell’intima proiezione, giostra dei neuroni specchio.
Drammaturghi selezionati in quest’antologia: R. de Torrebruna, M. Castello, Novelli e Zarini, S. Bevilacqua, C. Varano, L. Stella,
F. B. Belfiore, G. Amoroso.
Introduzione di Roberto Trovato.