Sergio Bevilacqua legge “hakuna matata” di Cesare Bellentani

Verso sera Sandra avvertì all’improvviso un antipatico malessere. Dapprima aveva accusato brividi di freddo, poi giramenti di testa, e ancora nausea. Affacciatasi alla veranda della sua capanna aveva attirato l’attenzione di uno degli addetti alle camere, e, cercando di districarsi fra una serie infinita di jambo, gli aveva chiesto di chiamare qualcuno dalla reception.
Fra i pensieri di Sandra si erano subito fatte strada le più funeste prospettive: malaria, febbre gialla, colera. E’ vero che aveva preso la clorochina; ma se non l’avesse assimilata? e poi, come le aveva detto Franco, chi le assicurava che aveva effetto con tutti i tipi di malaria? e la febbre gialla, il colera, le altre malattie tropicali: era in grado di diagnosticarne i prodromi? Un’ansia improvvisa si era impadronita di lei; un moto di astio verso questa vacanza e verso il continente nero che vigliaccamente le mostrava solo ora, dopo aver esibito la faccia più allettante, il vero volto, fatto di infezioni batteriche, di dissenterie, di febbri sconosciute. Sentì improvvisa la nostalgia di casa, della sua famiglia, della sua quiete. Un senso angosciante di instabilità la dominava, come quello che prende a bordo di una barca con il mare agitato, quando non si intravede nessuna possibilità di guadagnare terra in breve tempo.
Pronta, la signora Iaia era accorsa. Era la titolare dell’hotel, un’italiana trapiantata qui. Era, come le aveva detto Franco, la moglie del Simba.
Entrò dopo aver bussato alla porta, che Sandra aveva lasciato socchiusa.
Con l’espressione corrucciata, assorta, si avvicinò al letto di Sandra e le portò una mano alla fronte. La ragazza era calda, ma non scottava. Iaia rimase in silenzio alcuni istanti.
“Che cosa crede che sia?” le chiese trepidante, quasi riconoscesse un medico nella proprietaria del villaggio.
Iaia verificò il colore paonazzo, quasi violaceo della pelle delle spalle. Premette col dito sulla pelle congestionata, poi la liberò; e una pallida macchia là dove era stato il dito fu la rapida diagnosi.
“Se crede posso chiamare il dottore, signora, ma non penso che ce ne sia bisogno. Ho l’impressione che lei oggi abbia solo preso troppo sole. Un antipiretico qualsiasi dovrebbe farle passare tutto durante la notte”.
“Ma… non potrebbe essere malaria?”
Iaia dopo un attimo di esitazione scoppiò a ridere.
“Non sono un dottore, tuttavia mi sento di escluderlo con ragionevole certezza. Ma non si preoccupi, visto che lei è sola, passerò la serata qui. Gradisce che le faccia preparare qualcosa da mangiare?”