Sergio Bevilacqua legge “se baci la rivoluzione” di Sonia Serravalli

Amo la tua fede, perché ti rende più solido di me.

Inverno 2011

Adesso gli stessi civili hanno iniziato a organizzare ronde per proteggere le proprie case e le proprie famiglie dagli sciacalli. Hanno allestito posti di blocco autogestiti per selezionare chi entri nella piazza, controllano che i documenti siano regolari e che nessuno sia armato. Se così è, lo consegnano nelle mani dei militari. Questi ultimi sono ben voluti dal popolo. Contrariamente alla Polizia , (in cui da sempre vengono reclutati semianalfabeti, sadici, frustrati, esseri sottopagati e corrotti, sfruttati essi stessi, oltre ad alcuni individui squilibrati), i soldati sono uomini con un’istruzione di buon livello, un buon stipendio e occupano uno spazio alquanto eroico/bonario nell’immaginario collettivo del Paese.
Hanno avuto inizio le prime evacuazioni di stranieri: per ora si parla di russi, sloveni e americani. Persino profughi di guerra iracheni intervistati dalle Tv dichiarano di voler tornare al loro Paese invaso dall’America, perché là si sentono più sicuri. In realtà, fuori dalle maggiori città non è cambiato molto, ma si ha l’impressione che le persone intervistate siano state scelte con cura, e solo di rado riportano il pensiero della maggioranza. E’ sufficiente uno scatto di pochi giorni e un boccone di realtà a perdere per sempre la fiducia nei tuoi mass media, nella tua ideale democrazia e nella presunzione della tua civilizzazione.
Un’emittente filo-occidentale viene fatta chiudere nella capitale. Ogni tanto, un inviato viene arrestato. Qualche giornalista nazionale, ucciso. Non c’è più Polizia per le strade che collegano una città all’altra. Regnano il caos, l’autogestione, i soldi dei venduti e la coscienza delle singole persone.

2009

Quell’inverno, a spingerti dall’altra parte del mare c’era la collaborazione occasionale a un paio di testate minori che si occupavano di integrazione e scambi culturali nel Mediterraneo.
Ancora una volta, avevi seguito questa traccia ad istinto, senza chiederti perché un impiego fisso a Milano, Torino o Bologna non ti sarebbe bastato. L’afflato che ti spingeva a restare tra le due dimensioni era talmente forte che lo assumevi come il monito di una natura superiore e lo seguivi senza obiezioni. Volentieri avresti stretto amicizia con persone come te, tese come un ponte o spezzate come un’identità tra due corpi. Ma non ne conoscevi e, ogni volta che tornavi, era più difficile reinserirsi e raccontare.
Dopo tante camere d’albergo, per la prima volta cercasti un alloggio fisso in cui sentirti a casa e da cui poter agire in modo del tutto indipendente. Bashir, il gestore del centro internet che era diventato per te come un collega di redazione o un compagno di banco, ti accompagnò nel luminoso ufficio di un’agenzia immobiliare nuova di zecca: “L’ha aperta un amico, oltretutto ha locali propri appena costruiti. Vedrai che qui troverai quello che fa per te: tu non sei una turista, ormai sei una di noi. Bentornata, marhaban”.