“Se ci si chiude in se stessi diventa tutto viola e nero. Oppure grigio. La smetta! Sono colori pericolosi, che fanno male!”
Questa può essere la chiave di questo romanzo di un giovane scrittore già referenziato, ma ancora sulla via della sorpresa. Per Luca Remigio Piccardo la letteratura è viaggio interiore che prosegue all’esterno e poi si riversa nelle parole, nella sua scrittura, che si avvale, con serietà e professionalità, della scuola dei grandi del passato, della grande drammaturgia letteraria russa, dei francesi, e della sua ottima fucina verbale.
Un quadro (e… non solo), “L’Autunno umido dell’Avendaño”, è pretesto di un viaggio. Viaggio in un immaginario simbolico, ricco e fraterno, che abbandona la consueta ostilità verso l’umano rozzo del pregresso letterario di Piccardo, per tendere all’abbraccio, più che allo strozzamento suicida, come in altre sue opere. Ci mancava un Piccardo sentimentoso e bendisposto, e l’abbiamo trovato, qui, col pretesto di questo quadro che guida la sua affascinante affabulazione, proprio all’opposto del ritratto di Dorian Grey: il quadro, pressoché privo d’immagine lungo la totalità dell’opera, proietta se stesso nel suo fruitore, facendolo mutare come muta esso in Oscar Wilde.
Lasciatevi andare, e il gioco è fatto.
Perché è grande letteratura.